Sull’Italia sta per scatenarsi l’inferno, ma nessuno lo dice!
Sull’Italia
sta per scatenarsi
l’inferno, ma nessuno lo
dice chiaro e tondo: sia
i politici che i grandi
media non hanno ancora
spiegato cosa
significano, in
concreto, il Fiscal
Compact e il pareggio di
bilancio. Tagli
sanguinosi: 40 miliardi
di euro all’anno, per
vent’anni. Traduce
Luciano Gallino: vuol
dire ridurre in miseria
due o tre generazioni di
italiani, e retrocedere
la nostra economia in
serie D. E tutto questo,
aggiunge Giorgio
Cremaschi, sulla base di
miseri calcoli
tragicamente errati: la
Merkel, Draghi e Monti
hanno inaugurato le
micidiali politiche di
rigore credendo che un
punto di taglio del
deficit pubblico avrebbe
ridotto la crescita di
mezzo punto.
Tutto sbagliato: un
punto di tagli produce
un punto e mezzo di
danno economico, cioè
tre volte le previsioni.
A dirlo non è Cremaschi,
ma il capo economista
del Fondo Monetario
Internazionale, come
riporta il “Sole 24
Ore”. Tecnocrati
incapaci, oltre che
spietati: «Hanno
sbagliato i conti – dice
Cremaschi – e la
politica di austerità
che hanno
consapevolmente deciso
ha prodotto
disoccupazione e povertà
tre volte di più di
quanto avevano pensato
di farci pagare». Ecco
spiegata la dismisura
della spirale recessiva,
sempre più pesante e
senza soluzioni, che sta
dilagando in Europa. «In
concreto – scrive
Cremaschi su “Micromega”
– questo vuol dire che
il pareggio di bilancio
come obbligo
costituzionale, votato
anche da Lega e Idv,
comporta un’austerity
«non più economicamente
e socialmente
sostenibile», perché il
patto fiscale europeo ci
obbliga a dimezzare il
debito pubblico in
appena vent’anni. E’
l’orrore sociale del
Fiscal Compact, di cui i
media preferiscono
parlare il meno
possibile, «con buona
pace della politica di
unità nazionale che ha
deliberato queste scelte
e dello stesso
Presidente della
Repubblica che le ha
auspicate e benedette».
Scelte sciagurate, che
secondo Cremaschi «vanno
concretamente e
rapidamente messe in
discussione, cioè
revocate», perché per
rimediare a danni
epocali «sarà necessaria
una politica economica
di segno opposto a
quella sinora attuata».
Una nuova politica
democratica, «che come
prima misura decida di
rompere il tabù
liberista che domina il
nostro continente». E’
il tabù del debito e del
pareggio di bilancio,
spauracchio «che invece
viene messo in
discussione nel resto
del mondo, dagli Stati
Uniti al Giappone alla
Cina all’America
latina», dove peraltro
le economie si basano su
moneta sovrana, senza
cioè il ricatto di una
valuta “straniera” come
l’euro. Parliamoci
chiaro, insiste
Cremaschi: «Per
affrontare la crisi e il
suo primo effetto, la
disoccupazione di massa,
bisogna spendere soldi
pubblici», come fa
Obama, «senza timore di
avere un bilancio in
deficit». E dunque: «In
Italia e in Europa deve
saltare tutto il sistema
di patti, accordi e
regole che promuovono e
disciplinano
l’austerità». In Italia
invece il confronto
elettorale parla
d’altro, aggiunge
Cremaschi, anche se la
campagna elettorale si
fonda sulle promesse più
varie. «Monti
evidentemente non può
certo smentire sé
stesso, Berlusconi è
sicuramente capace di
farlo ma proprio per
questo non ha alcuna
credibilità». E Bersani?
«Nel proprio
programma elettorale ha
scritto che si impegna a
rispettare tutti gli
impegni assunti e lo
ribadisce in
continuazione per
rassicurare l’Europa e
lo spread».
Ma se si allarga
l’orizzonte, il
risultato non cambia:
«Anche chi si oppone a
questi tre leader e ai
loro schieramenti non
affronta davvero questi
temi, e in ogni caso non
li mette al centro della
propria propaganda».
Grillo, per esempio: «A
volte ne parla, ma poi
al centro di tutto mette
la lotta al sistema dei
partiti». E Ingroia? Lui
pure ne fa accenno, «ma
ben dopo i temi della
legalità che gli sono
più cari». Così, nel
confronto sulla politica
economica «trionfano i
“ma anche” di
veltroniana memoria».
Ingroia e Grillo:
coniugare austerità e
crescita, rigore con
equità? «Sono formulette
abusate, che non
vogliono dire un bel
nulla». La crisi
economica mondiale,
aggiunge Cremaschi, si è
alimentata pochi anni fa
dalla esplosione della
bolla finanziaria. In
Italia, la crisi
politica è letteralmente
assorbita in una bolla
mediatica, che sta
gonfiando queste
elezioni presentando uno
scontro tanto più aspro
quanto più si allontana
dalle decisioni vere da
assumere. «Prima o poi
la bolla mediatica
scoppierà come è
successo per quella dei
derivati», dice
Cremaschi. E allora, «il
peso delle decisioni non
prese e nemmeno discusse
davvero si abbatterà su
di noi con il perdurare
della crisi». Ci sono le
elezioni a febbraio?
Bene. Non resta che
«pretendere da chi si
candida» di chiarire un
punto fondamentale:
«Dica con chiarezza se
vuol mantenere o mettere
in discussione pareggio
di bilancio e Fiscal
Compact: è su questo che
ci si divide in Europa
alle elezioni e sarebbe
ora che accadesse anche
da noi, nonostante la
bolla mediatica».
http://www.libreidee.org
Webmaster: Carlo Anibaldi