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Il dilemma del voto

di Rosa Gimmelli

 

Con l’approssimarsi della scadenza elettorale, molti pur essendo molto critici, vogliono votare al fine di manifestare il loro senso di appartenenza o non sentirsi esclusi dalla competizione elettorale che è considerata la massima espressione di una Democrazia, quindi il dilemma del voto  lo sciolgono scegliendo la partecipazione.  E’ un sentimento nobile che merita considerazione e rispetto.

Vorrei comunque esprimere in merito delle considerazioni che mi hanno portato a sciogliere il dilemma in maniera diversa. Questa campagna elettorale forse più delle precedenti è caratterizzata da un ritorno al passato, anzi segna in modo impressionante la stagnazione in cui versa il sistema politico italiano e la sua classe dirigente. Senza entrare in un discorso storico che pure avrebbe una sua valenza, visto che siamo inevitabilmente figli del nostro passato, mi limiterò ad evidenziare la situazione presente. Partendo dalla legge elettorale il cosiddetto Porcellum, definizione datagli dallo stesso firmatario della Legge. Essa è una legge che preclude la scelta dei candidati da parte dei cittadini,  che si ritrovano a votare liste di partito preconfezionate nelle quali vengono immessi personaggi di varia natura, ma soprattutto coloro che più interessano ai partiti per conservare lo status quo della situazione. Una legge che con il premio di maggioranza falsifica il risultato elettorale, dando al partito più forte anche dello 0,01 il premio di maggioranza. Una legge che roduce maggioranze diverse tra i due rami del Parlamento, visto che tra Camera e Senato ci sono regole diverse per eleggere. Un obbrobrio perché mette in difficoltà qualsiasi maggioranza che pure si è formata alla Camera. I regolamenti parlamentari che interpretando L'Art. 67 della Costituzione italiana  secondo il quale:« Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato », hanno consentito in questi ultimi decenni il passaggio da uno all’altro schieramento di molti parlamentari  per motivi personali o lobbistici facendo venire meno qualsiasi principio di responsabilità, dignità e coerenza politica. In quest’ultima legislatura si è toccato il fondo, si sono composte e scomposte diverse maggioranze e  verso la fine di essa  i politici hanno dato vita ad un Governo tecnico usando come  paravento  personaggi del mondo Accademico che si sono prestati al gioco, dando vita così ad una alleanza politica tra le più promiscue e discutibili degli ultimi decenni. Con questo Governo hanno portato a termine una serie di misure nel campo economico e sociale che hanno notevolmente pesato sul ceto medio e sulla classe operaia del Paese, hanno affossato definitivamente ciò che restava dello stato sociale, hanno penalizzato il mondo del lavoro aumentando tasse che hanno colpito la piccola e media impresa, hanno limitato, con la complicità di essi, l’agire dei sindacati, ridotti ormai a dependances della politica. Nel contempo non sono stati  intaccati nessuno dei privilegi, né tantomeno nessuno degli sprechi che i vari Enti e carrozzoni al seguito della politica continuano a fare, nè hanno prodotto una seria legislazione che iniziasse a colpire la corruzione, radicata e diffusa in ogni angolo della società. Male. Accade ora che gli stessi che hanno operato nell’ultimo anno e mezzo (PD, PDL, UDC), ora si presentano alle elezioni come se non si conoscessero, come se il percorso fatto insieme fosse altro da sé. Siamo nel campo della schizzofrenia politica ormai. Il permanere in questa campagna elettorale con tutto il suo bagaglio di indagati, condannati, inquisiti di una Destra con caratteristiche clericofasciste, xenofobe e populiste nel senso più deteriore del termine, completa questo quadro poco allettante e onorevole. Il tutto  poi viene filtrato e manipolato da un’informazione, soprattutto televisiva, (la più seguita), la quale è asservita ai vari partiti, nonchè ai poteri che contano: Banche, Vaticano, che fornisce ai cittadini un quadro della situazione distorto e confuso. Il prossimo 20 gennaio scopriremo lo scandalo di candidature improponibili che si ripresentano solo per salvarsi da guai giudiziari, per perpetuare un sistema di connivenze, spartizione e per continuare a spartirsi la torta del finanziamento pubblico. Il nuovo (Grillo) e qualche candidatura rispettabile (Ingroia) trovano molte difficoltà a farsi strada in una situazione volutamente chiusa ed impermeabile a qualsiasi cambiamento che tende ad assorbire e a sfumare qualsiasi cosa gli si oppone. A mio giudizio il non voto in una situazione così drammaticamente confusa, distorta e poco credibile acquista una valenza identitaria al pari del voto, perché esprime il libero sentire di persone che rifiutano l’esistente incapace di autorinnovarsi e quindi di dare delle risposte ai bisogni sociali, culturali di un Paese ormai decadente, non al passo con i tempi e sempre più ripiegato su se stesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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