OSPEDALI PSICHIATRICI -
Spariti i 155 milioni per gli opg. Viaggio nei “luoghi di tortura” di Carmine Gazzanni (da Il Fatto
Quotidiano)
Stanze fatiscenti
occupate anche da sei o sette pazienti. Riscaldamenti che vanno a singhiozzo.
Letti di contenzione con i
materassi bucati al centro per far cadere feci e urina.
Lenzuola cambiate una volta ogni
due settimane. Pazienti che
ricevono le cure da medici generici
che vanno lì per poche ore a settimana.
Tanta desolazione. Ed un’unica certezza:
non si sa se e quando si riuscirà ad uscire da quest’inferno.
Benvenuti negli opg: ospedali
psichiatrici giudiziari. Così malandati
da essere definiti dal Consiglio d’Europa “luoghi
di tortura”.
In
Italia ne esistono ancora an>sei:
Barcellona Pozzo di Gotto
(Messina), Reggio Emilia,
Montelupo Fiorentino,
Castiglione delle Stiviere
(Mantova), Secondigliano
e Aversa.
E nessuno sapeva nulla della desolazione di questi posti abbandonati da
Dio. C’è voluto il lavoro della
commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale
per scoperchiare e informare sulla triste
realtà degli opg, decretato non solo
dall’assoluta mancanza di adeguate iniziative di carattere terapeutico e
riabilitativo, ma anche dall’oggettivo squallore in cui vivono per la
sporcizia che circonda i pazienti, in condizioni di effettivo abbandono.
I membri della commissione, presieduta da Ignazio Marino
(Pd), sono infatti andati in giro per gli ospedali psichiatrici,
riprendendo, filmando, parlando direttamente con medici, infermieri e
pazienti detenuti. La realtà che ne
è emersa – visibile in questo
video di circa un anno fa registrato proprio dalla Commissione e andato
in onda integralmente in una puntata di Presa Diretta – lascia senza parole.
Dentro gli ospedali
psichiatrici, come si evince dal video, non ci sono solo autori di crimini efferati.
Anzi. C’è chi è andato davanti a una scuola vestito da donna oltre 25
anni fa. Chi, nel 1992, ha rapinato settemila lire a un bar catanese
fingendo di avere una pistola in tasca. Chi, ancora, ha cominciato a
star male dopo la morte di un genitore. Chi ha scontato la sua pena di
trent’anni, ma ha trascorso altri quattro anni negli opg perché si è
persa la sua cartella clinica.
Tutte persone che, nei fatti, non sono più socialmente pericolose.
Come il caso di una anziano di 83 anni che ha finito di scontare la sua
pena oltre dieci anni fa. Ma ancora è rinchiuso dato che non si trova
una struttura assistenziale-residenziale disposta a prenderlo in carico.
Secondo i dati della Commissione, sui circa 1.400 internati, 446 (il 31,7%) sono
dismissibili. Ma solo 160 persone
sono tornate in famiglia, mentre
per 281 di loro è scattato il meccanismo della proroga,
un meccanismo a cui si ricorre – in assenza di fondi - senza il benché minimo controllo sanitario.
La proroga è diventata nient’altro che una fotocopia.
Basta una firma ogni sei mesi senza
che nemmeno venga aggiornato lo stato di salute del paziente.
Nonostante spesso si tratti di persone, come detto, non più socialmente
pericolose. Di loro, per legge,
dovrebbero farsi carico le Asl. Ma
queste spesso fanno spallucce. Costringendo il giudice ad andare di
rinnovo in rinnovo di proroghe. Quello che ne consegue è un “ergastolo
bianco”. A volte i casi
raggiungono l’incredibile: ci sono
persone che hanno subito 23 proroghe. Avrebbero potuto riguadagnare la
libertà già dodici anni fa. Invece niente.
Da dodici anni hanno ormai dimenticato cosa voglia dire libertà.
Per capire meglio il dramma della situazione torniamo
ai dati. Come informa l’onorevole
Paola Binetti in
un’interrogazione, l’Opg che ha dimesso più pazienti è stato quello di
Castiglione delle Stiviere,
con solo 40 dimissioni; quelli che ne hanno rilasciati di meno sono
stati quello di Montelupo
Fiorentino (8) e di Secondigliano
(19). Il maggior numero di proroghe lo hanno registrato invece Barcellona Pozzo di Gotto
(74) e Aversa
(44).
Una situazione incredibilmente spaventosa per uno
Stato che ama definirsi democratico, che – pare – interessa
poco a buona parte della classe
dirigente. Proprio grazie al
lavoro di testimonianza di Marino e degli altri onorevoli, un emendamento approvato a maggioranza
dall’aula del Senato tempo fa (175
sì, 66 no e 27 astenuti) ha stabilito che gli opg dovranno chiudere i battenti entro il 31
marzo 2013. Peccato, però, che
esecutivo e Parlamento rischiano di
collezionare un’altra figuraccia.
E questa volta su un tema sociale
talmente delicato che ottunde
anche tutti gli scandali legati agli interessi di comodo della Casta.
Bisogna infatti tener presente che per l’attuazione
dell’emendamento, il ministro della Salute
Renato Balduzzi
ha provveduto allo stanziamento di
174 milioni di euro (117 per
questo anno e 57 per il 2013) per le spese di realizzazione e riconversione delle
strutture, più altri 38 milioni di euro per il personale nel
2012 e 55 milioni di euro per il 2013.
Tutto, peraltro, comunicato anche alla Conferenza Stato-Regioni lo
scorso 21 novembre. Insomma, i
soldi ci sono. Sono a disposizione. Peccato, però, che nessuno li
utilizzi. Né il ministero né le regioni.
Come ha denunciato lo stesso Ignazio Marino, infatti, “rispetto
ai milioni di euro stanziati per il 2012, le Regioni non hanno speso neanche un euro”.
Stesso incomprensibile comportamento è stato tenuto – fino ad ora –
anche dal ministro Balduzzi. Come denunciato da Paola Binetti, a meno di un mese dalla fine del 2012 dal
ministero della Salute nulla è stato ancora speso per questa grande
operazione di civiltà.
Si dirà: poco male, si spenderanno ora o al massimo
nella prossima legislatura. Invece
il problema c’è ed è anche grosso: se i finanziamenti per il 2012 non
dovessero essere spesi, andranno definitivamente persi.
Insomma, al momento non si sa che
fine abbiano fatto i 155 milioni (117 per la riconversione più 38 per il
personale) stanziati per il 2012.
Intanto tutto tace dalla sede del ministero.
Ma c’è dell’altro.
Proprio per questi incredibili e imbarazzanti ritardi, secondo quanto
denunciato ancora da Marino, il governo
sta pensando di inserire una proroga alla chiusura degli opg nel decreto
milleproroghe. Insomma, si sta pensando di ritardare la chiusura degli
ospedali psichiatrici. Non più
dunque chiusura fissata al 31 marzo 2012, ma ritardata di mesi. Se così
fosse, peraltro, le cose si complicherebbero ulteriormente perché il
tutto avverrebbe a cavallo tra due legislature, col rischio che la norma
del decreto venga chiusa (e abbandonata) in qualche cassetto
impolverato. Fa niente. I mille
internati sono stati abbandonati per anni. Nessuno si accorgerà di nulla
se rimangono lì ancora per un po’.
Sono pazzi. E nulla più