di VITTORIA IACOVELLA
Sui militari parlano gli
esperti internazionali
"Nesso chiaro tra cattivo
uso dei vaccini e tumore"
Continua la nostra inchiesta e da Antonio Giordano, presidente dello Sbarro Institute di Philadelphia all'infettivologo Giulio Tarro, arrivano conferme: vaccinazioni troppo ravvicinate, anamnesi insufficienti e confezioni multidose possono essere all'origine delle morti o delle gravi malattie dei militari. La preoccupazione delle Forze Armate: "Andremo avanti. I dati in nostro possesso sono parziali". Le case farmaceutiche: "Non siamo in grado di offrire risposte sui tempi e modi di somministrazione"
David aveva appena iniziato
il servizio di leva
nell'Esercito nell'85esimo
Reggimento Verona a Montorio
Veronese, quando il 19
giugno 2006 fu sottoposto a
una serie di vaccinazioni.
Stava bene, il giorno
precedente aveva vinto una
maratona locale, ma dopo
l'ultima iniezione cadde a
terra senza conoscenza. Oggi
convive con un'invalidità
del novanta per cento dovuta
a una gravissima neuropatia
da avvelenamento da metalli
pesanti dovuta a un
importante deficit del
sistema immunitario. David
fu addirittura accusato e
poi assolto del reato di
diserzione. La sua famiglia
ha iniziato una battaglia
difficilissima per vedere
riconosciuto il danno subito
dal figlio a causa dei
vaccini che gli sono stati
iniettati durante il
servizio militare, esibendo
analisi di laboratorio e
schede vaccinali piene di
irregolarità. Niente però è
servito. "Davanti a noi un
muro insormontabile"
racconta la madre Silvana
"quando mi dissero che il
caso di mio figlio non era
classificabile fra quelli
del Protocollo Mandelli, per
chi aveva prestato servizio
all'estero, né da
nessun'altra parte, ho
capito che avremmo urlato
nel buio". In questo buio
però i genitori di David
hanno incontrato più gente
di quanta pensassero,
familiari di ragazzi, spesso
deceduti, che avevano storie
analoghe, malattie
violentissime comparse da un
giorno all'altro.
Sarebbero quasi 4000,
secondo l'associazione di
assistenza ai familiari dei
caduti delle Forze Armate, i
casi di contaminazione per
uranio impoverito e altri
agenti patogeni. Il dato di
3721 casi, fornito dalla
Difesa, è peraltro molto
inferiore alla realtà perché
si riferisce solo a casi di
militari in servizio, mentre
esclude tutto il personale
militare in congedo che ha
lasciato il servizio ed i
civili che lavorano nelle
Forze Armate. Il 10 ottobre
scorso nell'aula del Senato
dedicata ai caduti di
Nassiriya, l'onorevole
Rosario Giorgio Costa,
presidente della Commissione
parlamentare d'inchiesta
sull'uranio impoverito,
richiama duramente il
Segretario generale della
difesa e Direttore nazionale
degli armamenti, Claudio
Debertolis presente per
un'audizione: "Le Forze
Armate dovrebbero dotarsi di
un ufficio che si occupi di
questi casi, finora siamo
stati il vostro ufficio
relazioni con il pubblico,
ma tra poco questa
commissione chiuderà i
battenti e ci chiediamo cosa
sarà di queste persone".
Debertolis risponde: "Mi
assumo personalmente
l'impegno a istituire un
ufficio di questo tipo, che,
è vero, non esiste".
Difficile trovare una
risposta scientifica valida
per tutti. Spinti anche
dalle critiche di chi ci ha
accusato
(dopo la prima inchiesta)
di aver sentito solo i
"fanatici dell'antivaccino"
siamo andati a parlarne,
dall'altra parte
dell'Oceano, a Philadelphia,
col professor Antonio
Giordano, presidente dello
Sbarro Institute sul cui
livello scientifico e sulla
cui imparzialità, nessuno ha
dubbi: "C'è un nesso
riconosciuto - dice il
presidente dello Sbarro Institute - tra vaccini
ravvicinati e abbassamento
delle difese immunitarie. E
in Italia c'è pieno di posti
ad alto tasso d'inquinamento
altamente pericolosi per chi
ha un sistema immunitario
compromesso". A una domanda
precisa ("Se venisse da lei
un militare italiano che gli
chiedesse un consiglio sul
fatto di doversi sottoporre
a una decina di vaccinazioni
in un mese, cosa gli
risponderebbe?"), Giordano
ci ha detto. "Gli spiegherei
che tanto vale suicidarsi".
E lo stesso Giordano lancia
la sua proposta: l'equipe di
ricerca dello Sbarro Institute of Cancer Research
and Molecular Medicine di
Philadelphia si mette a
disposizione per fare,
gratuitamente, studi
scientifici in merito, per
contribuire a far emergere
la verità. Una proposta che,
comunicata ai vertici della
Sanità militare ha
incontrato disponibilità e
favore.
La Commissione d'inchiesta
sull'uranio impoverito,
dunque, ora sta indagando
sui danni da vaccini finora
taciuti nonostante gli
allarmi lanciati negli
ultimi anni da numerosi
medici e scienziati e dalle
famiglie di centinaia di
vittime. "Hanno cercato di
mettere tutto a tacere
perché gli interessi
economici in ballo sono
troppo grandi visto che
facilmente dai militari si
può passare ai civili",
sostiene Massimo Montinari,
medico e funzionario di
polizia, "ma ora, a quanto
pare, anche a livello
politico qualcosa si sta
muovendo".
Anche a livello dei
risarcimenti, almeno a
giudicare dall'andamento
della questione. Alla fine
del 2011, le domande di
"riconoscimento come vittime
del dovere" presentate da
militari o da loro parenti,
erano 350. Tutte chiedevano
il risarcimento per i danni
patiti dall'essere venuti a
contatto con sostanze nocive
durante il servizio. Di
queste, 110 sono state
approvate e il
"riconoscimento" ha portato
a risarcimenti intorno ai
200 mila euro. Le altre 240
erano state respinte.
Adesso, anche alla luce, dei
nuovi sviluppi relativi
all'ipotesi vaccino, le
domande sono state
riesaminate a campione. Un
consulente della Commissione
ne ha esaminate dieci e ha
sentenziato che almeno sei
avrebbero potuto avere
risultato positivo. Da qui
la decisione di riesaminarle
tutte e 240.
Alla decisione della
Commissione ha contribuito
anche il risultato del
Progetto Signum, uno studio
sull'impatto genotossico
nelle unità militari,
commissionato nel 2004 dalla
Difesa a ricercatori civili
e militari facenti capo a
prestigiose università
(Pisa, Roma, Genova).
Dimostra che sottoporre una
persona a più di cinque
vaccini significa
comprometterne il sistema
immunitario. Nella relazione
finale di Signum, consegnata
il 17 gennaio 2011, si legge
che lo stesso soggetto
ipervaccinato, esposto ad
agenti aggressivi come
diossina, uranio impoverito,
forte inquinamento
ambientale, potrà facilmente
sviluppare malattie gravi.
Non solo, finora sono stati
ignorati anche molti studi
internazionali che
sostengono la stessa
evidenza e di cui ci parlano
scienziati importanti che
lavorano anche per altre
nazioni come Giordano,
Giulio Tarro medaglia d'oro
del Presidente della
Repubblica, infettivologo di
fama mondiale, o Franco
Nobile del Centro di
eccellenza nazionale per la
lotta ai tumori di Siena,
che ha effettuato studi
proprio sui militari. Tutti
medici indipendenti, che non
hanno mai accettato sostegno
né fondi da case
farmaceutiche.
Certo, perché a questo punto
bisogna sottolineare che
l'Italia non ha una legge
sul "conflitto di interessi
di medici e scienziati" che
vieti, ad esempio a quelli
che ricevono contributi da
case farmaceutiche, di dare
il via libera per un
farmaco, suggerire un
vaccino o fare una
consulenza al Ministero
della Salute. Qualche
regolamento c'è, ma
leggendolo con attenzione,
vediamo che in realtà per
non incorrere in sanzioni
basta dichiarare il proprio
conflitto di interessi e
sostenere che si farà prima
l'interesse del pubblico che
del privato. Solo dallo
scorso aprile, l'Aifa
(Agenzia Italiana del
Farmaco) ha aggiornato la
normativa istituendo delle
forme di controllo e
classificando i diversi
gradi possibili di conflitto
d'interessi.
Ma torniamo alla questione
dei presunti danni da
vaccino nei militari. Le
denunce più gravi sono due.
La prima riguarda il mancato
rispetto dei protocolli
vaccinali da parte di alcuni
medici militari. I motivi
sarebbero molti, vanno dalla
semplice ignoranza, alla
fretta di vaccinare molte
persone per renderle attive
in servizio. Qui l'imputato
sarebbe il Ministero della
Difesa.
La seconda punta al
contenuto dei vaccini, visto
che studi scientifici
dimostrano che molte
patologie autoimmuni e
tumorali sono legate
all'accumulo di metalli
pesanti come mercurio e
alluminio. Gli stessi
metalli che sono stati
riscontrati in quantità
enormi in ragazzi come
David, sono stati anche
trovati in numerosi vaccini.
Vengono utilizzati come
eccipienti, conservanti e
per migliorarne l'effetto
sui pazienti. Qui l'imputato
sarebbe invece il Ministero
della Salute assieme alle
case farmaceutiche. Fernanda
Ferrazin dall'Aifa ammette:
"I vaccini dei militari non
sono esattamente uguali a
quelli dei civili. Nei
multidose c'è più mercurio,
ma si tratta di tracce
sostenibili". Sulla stessa
quantità, il professor Tarro
dissente e parla di "dosi da
cavallo". Il Tenente
Generale Federico Marmo,
Capo Ufficio Generale Sanità
Militare, sobbalza, venendo
ora ad apprendere delle
maggiori dosi di mercurio,
consulta gli ufficiali
medici che lo circondano e
che mormorano allarmati:
"non ce l'hanno mai detto".
Tuttavia, sostengono che per
i soldati, da circa un paio
di anni, non siano più
utilizzati i multidose.
Il silenzio finora imposto
su tema è comprensibile alla
luce dell'evidente mancanza
di collaborazione di molti
di questi attori.
Interpellata da
Repubblica, Novartis
sostiene di non poter
rilasciare dichiarazioni.
Rivolgiamo le stesse domande
a Farmindustria: "Vi risulta
che i vaccini venduti alle
Forze Armate non siano
utilizzati correttamente? Le
storie di danni da vaccini
denunciate da molti militari
vanno a ledere in qualche
modo anche l'immagine delle
case farmaceutiche? Avete
modo chi chiedere
chiarimenti su quanto sta
avvenendo?" Rispondono per
iscritto, in modo generico,
parlando dell'importanza dei
vaccini, e concludono: "Le
aziende non sono nelle
condizioni di offrire
risposte in merito ai tempi
e ai modi effettivi di
somministrazione dei
vaccini". Una volta venduti,
dunque, non sembrano più
essere un affare che le
riguarda. Su cosa stia
accadendo, però, si
interrogano anche le forze
armate. Il generale Marmo
sostiene: "Abbiamo diversi
studi in corso. Non è vero
che siamo insensibili al
tema delle morti dei nostri
uomini e donne, con ciascuno
di loro condividiamo lo
strazio. Sulla base dei dati
che abbiamo, il problema non
sussiste, i militari si
ammalano meno degli altri.
Tuttavia, non stiamo
negando: parliamo sulla base
dei dati disponibili che,
ammettiamo, sono parziali".
Qualcosa è successo anche
dopo l'uscita dell'inchiesta
di Repubblica. it:
"da un mese - continua Marmo
- abbiamo attivato ulteriori
studi e analisi di verifica,
ma ricordate che i
risarcimenti non dipendono
da noi".
E' infatti il Ministero
dell'Economia e delle
Finanze l'altro grande
protagonista di questa
brutta storia, perché è al
suo interno la commissione
che vaglia se concedere o
meno il risarcimento ai
ragazzi e alle famiglie che
denunciano (perizie mediche
alla mano) di aver contratto
importanti malattie a causa
dei vaccini e che nulla
hanno ottenuto. "Hanno paura
che si scateni una reazione
a valanga, che siano troppi
- sostiene Andrea Rinaldelli,
padre di Francesco,
scomparso nel 2008 - e di
doverli poi risarcire tutti.
Ma in realtà questi ragazzi
anche da malati costano
molto allo Stato".
Gli elementi per fare
chiarezza, dunque, sono
quasi tutti sul tavolo.
Change. org ha promosso una
petizione e ha già
raccolto quasi diecimila
firme firme. E si attende
l'esito di
un'interrogazione
parlamentare promossa il
25 ottobre dall'onorevole
Amalia Schirru verso i
Ministeri di Salute e Difesa
Ma nel frattempo le
condizioni
di Erasmo Savino, il
militare di cui denunciavamo
la storia nella precedente
inchiesta, continuano a
peggiorare. Secondo
un'analisi dell'infettivologo
Giulio Tarro (che
pubblichiamo dietro
autorizzazione): "Si può
affermare che ha ricevuto
una concentrazione di
vaccini in tempi brevi, le
cui componenti metalliche
hanno interagito con i
trigliceridi ed hanno
formato dei complessi che
hanno fatto da pacemaker
alla proliferazione della
malattia.... Le
vaccinazioni, quando non
condotte secondo i
protocolli della Sanità
militare, spesso sono causa
o concausa delle patologie
di cui risultano affetti gli
stessi militari e che in
casi molto frequenti hanno
portato al decesso".
Nonostante ciò, per Savino
non c'è nessun risarcimento:
la burocrazia sul suo caso è
bloccata. Il tempo passa, il
tumore corre. Rimane il
silenzio dei grandi palazzi.
23 novembre 2012
(inchieste Repubblica - l'Espresso)