Articolo suggerito da
Maria Longo
Muore in carcere per
aver usato Facebook l'attivista Beheshti difendeva i lavoratori
Il trentacinquenne ha subito una
settimana di interrogatori e torture, si batteva per i diritti
collettivi. Ad arrestarlo la Cyber polizia del regime, che ha invitato
la famiglia a "Procurarsi una bara"
Sattar Beheshti
EVIN (IRAN) - Sattar
Beheshti è morto in carcere, a 35 anni. Ai familiari è arrivata una
telefonata dal penitenziario, con l'invito a "procurarsi una bara e
non rilasciare interviste sull'accaduto". Succede in Iran nel 2012:
un attivista viene arrestato dalla "Cyber Polizia" iraniana, quella
che perlustra la Rete alla ricerca di oppositori del governo. E
Sattar Beheshti era attivo, troppo, nella sua difesa elettronica dei
diritti dei lavoratori iraniani. La Cyber Polizia l'ha arrestato e
portato nel carcere di Evin, dove Beheshti è stato torturato. Fino a
morire.
In carcere, Beheshti è rimasto appena una settimana. Fatta di
interrogatori e violenze disumane, fino al tragico epilogo. La Cyber
polizia esiste dal 2011, le torture in carcere da sempre. E la
famiglia conferma che Sattar godeva di ottima salute, "non prendeva
neanche un'aspirina", mentre dal penitenziario si dichiara che
l'attivista "soffriva di problemi di cuore". Il corpo è risultato
pieno di escoriazioni e ferite, dalla testa ai piedi. Arrestato il
30 ottobre, lavorava a Robat Karim, a 15 chilometri da Teheran.
La sua morte diventerà l'ennesimo simbolo del valore dei diritti
umani in Iran. Sattar è morto per aver espresso e condiviso la sua
battaglia su un social network, non è stato il primo e non sarà
l'ultimo a farlo. La sorella ha denunciato al mondo il comportamento
delle autorità iraniane. Rimane il dolore e un problema di
sostentamento per la famiglia, per Sattar era l'unica fonte di
reddito.
da Repubblica.it 08 Novembre 2012
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