Sembra
incredibile, ma basta andare su
questa
pagina della New York University, per avere conferma di qualcosa su cui
tutti i media tacciono
pur essendo di fatto una bomba:
il premier
italiano è membro
del Senior European Advisory Council of
Moody’s.
Vale a dire è tra coloro che contribuiscono a dare giudizi sulle aziende
e sugli stati europei che poi l’agenzia di rating diffonde,
causando
a volte sfracelli.
Siamo già molto oltre il conflitto
di interessi, siamo al
dramma
e alla farsa
di una democrazia.
Quanto alla possibilità di essere indagato deriva
dall’inchiesta portata avanti dalla Procura di Trani fin dal 2010, su
denuncia dell’Adusbef e della Federconsumatori: le due associazioni si
decisero a coinvolgere la magistratura dopo un report di Moody’s del 6
maggio 2010 che concludeva etichettando l’ Italia come “Paese a
rischio”. L’inchiesta si è allargata poi alle altre agenzie di rating
Fitch e Standars e Poor’s , anch’esse coinvolte in giudizi che hanno
portato poi al degradarsi della situazione economica. Proprio in questi
giorni l’inchiesta su S&B si è chiusa con l’ipotesi di reato di
manipolazione di mercato continuata e pluriaggravata a carico di cinque
persone: il presidente di Standard & Poor’s financial service Deven
Sharma, il managing director del rating di Londra Yann Le Pallec, Eileen
Zhang (di S&P Europe); Frankiln Crawford Gill e Moritz Kraemer della
direzione europea del rating sui debiti sovrani. Secondo i magistrati
queste persone, “attraverso descritti artifici, a carattere
informativo – costituenti condotte solo in apparenza lecite, ma
effettivamente illecite per come combinate fra loro, con modalità e
tempi accuratamente pianificati – fornivano intenzionalmente ai mercati
finanziari, quindi agli investitori, un’informazione tendenziosa e
distorta (come tale anche “falsata”) in merito all’affidabilità
creditizia italiana ed alle iniziative di risanamento e rilancio
economico adottate dal governo italiano, per modo di disincentivare
l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne, così,
il valore”.
Che le agenzie
di rating fossero nient’altro che
interessati ufficiali di rotta della
speculazione finanziaria,
pesci remora degli squali,
pronti a cibarsi dei resti
del banchetto, è assolutamente chiaro a chiunque, ma in questo caso
i magistrati
hanno ricostruito un filo logico
che rende difficile
giustificare i giudizi
come semplice “opinione”.
E con l’imputazione di
manipolazione di mercato sulla
quale sarà chiamata ad esprimersi
anche la
Consob, S&B
rischia il divieto di operare
in Italia.
Questo però è solo un ramo dell’inchiesta, rimangono
aperti quelli su Fitch e Moody’s. Senonché c’è un
fatto clamoroso
sebbene finora sconosciuto: il
premier italiano è
advisor
proprio di una di quelle agenzie di
rating grazie anche alle quali si
è creata quell’emergenza
che lo ha portato a capo del
governo. Per la verità qualche
cosa riguardo a questa incredibile opacità era trapelata, ma a parte una
citazione di questa singolare
posizione del professor premier
nella brochure di un convegno
tenutosi in Bocconi
nel 2006
(qui)
era praticamente impossibile fare altri accertamenti. Ma ora la piccola
biografia
della New York
University, aggiornata al
2011 e di
certo non smentita,
parrebbe indicare che egli
era ancora nel consiglio di Moody’s
in tempi recentissimi e comunque all’epoca
dei fatti di cui si occupa l’inchiesta
dei magistrati di Trani.
Non so se Monti
salendo a Palazzo Chigi,
abbia avuto il buon gusto di
rinunciare a sedere nel
Senior European Advisory Council di Moody’s
o se ne sia andato
prima o sieda ancora tra i ben remunerati consiglieri dell’agenzia di
rating. Ma è stupefacente
che un’intera
classe politica non abbia
sentito il bisogno di andare a
fondo su un
conflitto di
questo genere e lo stesso Monti
non paia avere
la minima intenzione di chiarire
il punto, affidandosi al silenzio
dei media. Anche perché è evidente
che aver collaborato
a “una destabilizzazione
dell’immagine, prestigio
e affidamento creditizio
dell’Italia sui
mercati finanziari”
come dicono i magistrati,
per poi diventarne come se niente
fosse il premier, in parte grazie
ai giudizi di Moody’s,
appartiene alla peggiore storia
possibile.
Certo è assai
strano che dopo il declassamento
di 26 banche
italiani da parte di Moody’sche
ha suscitato un vespaio di reazioni
dei partiti e indotto la
Consob
a convocare i responsabili dell’agenzia di rating,
dal governo,
così prodigo di dichiarazioni, consigli e fantasie,
non è venuto un fiato.
Ecco cosa rimane della “trasparenza”
promessa il primo giorno: il
silenzio totale del protagonista e
del Palazzo che gli tiene bordone,
l’omertà complice dei media, la
cecità di un Paese per il quale il
premier e il suo
governo sono
la sabbia
sotto la quale nascondere la testa.
Se fossi in Moody’s
darei una bella D: fallimento assicurato.
Domenico Proietti
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