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   ANNO CORRENTE
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Che cosa sono e a che cosa servono le prove INVALSI?”

 

Ce lo chiedono i genitori quando vengono a conoscenza del fatto che i risultati influiranno sul voto finale.

Non vi annoierò con spiegazioni tecniche. Dico solo che le prove INVALSI sono test preparati dall’INVALSI (che è l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell'Istruzione) che dovrebbero servire, nelle intenzioni del ministero della Pubblica Istruzione (dell’idea dobbiamo ringraziare l'allora ministro Moratti), per valutare il livello di preparazione degli alunni italiani, in Italiano e Matematica.

Non voglio essere troppo duro, e perciò mi limiterò a dire che secondo me sono assurdamente difficili, che non misurano nulla, che sono un enorme spreco di denaro, tempo e fatica e che sono con tutta evidenza redatte da chi, non solo non ha mai insegnato né alle elementari né alle medie (almeno lo spero, perché se così non fosse sarebbe ancora più grave), e vuole proprio che emerga che le scuole pubbliche sfornano incompetenti perché il personale è incompetente. Per non parlare degli errori nei test somministrati.

Spero di aver risposto in modo sintetico.

Ci risuonano ancora le parole del Ministro Gelmini (come è usanza, poi smentite o almeno cambiate): “Nel Sud alcune scuole abbassano la qualità della scuola italiana. In Sicilia, Puglia, Calabria e Basilicata organizzeremo corsi intensivi per gli insegnanti". Le ho trovate davvero molto offensive, e mi hanno lasciato perplessa conoscendo il fatto che il Ministro, a suo tempo, ha approfittato della manica larga del Sud.

Prima di tutto: si può davvero misurare il livello di competenza degli studenti italiani? Ho i miei dubbi. Come faccio a misurare una competenza se non è chiaro a nessuno quali sono le competenze richieste valide per tutti? Non è che sia così ovvio stabilire quali sono le competenze necessarie oggi per la vita e per il lavoro. Se lo fosse, si potrebbe studiare solo quello e saluti a tutti. Forse lo era ai tempi in cui o facevi il contadino (e non studiavi) o facevi l’impiegato o il professionista e potevi individuare più facilmente le competenze necessarie. I test misurano le competenze attraverso test che secondo me non servono. Non è detto che la mia idea sia giusta. Ma il problema è che non è detto che sia giusta la loro idea. Insomma la scelta di quello che viene misurato e il modo di misurare sono molto discutibili.

Sarebbe come se, esaminando delle piante di diverso tipo, di diversa provenienza e di caratteristiche diverse, ne misurassi l’altezza per stabilire chi ha l’altezza giusta e se sono cresciute in modo corretto. Ma qual è l’altezza giusta? In base a che cosa decido se è cresciuta bene, se non so quanto era alta quando è stata consegnata al giardiniere? Che valore ha il riscontrare che alcune sono basse e altre sono alte, se non tengo conto anche della grandine che è caduta su queste e su quelle no? Se non viene consegnata a tutti i giardinieri la stessa quantità di terra, di humus, di fertilizzanti, di acqua, in base a che cosa si afferma che “alcuni giardinieri abbassano la qualità delle piante italiane”? Se certe piante non hanno terreno fertile, non hanno acqua e non hanno sole, è ovvio che non possono crescere bene. Non possiamo diversificare tutto, dire che ogni pianta deve essere curata in modo individuale, e poi volere che tutto si uniformi a non si sa che cosa.

Le scuole sono così. I ragazzi sono le piante e gli insegnanti sono i giardinieri.

Dateci prima quello che ci serve (tempo, personale in più e classi meno numerose) e poi ne riparliamo.

In più, adesso, è fiorito, grazie alle Prove Invalsi, un gran business di libri, libretti e istruzioni per l’uso, cartacee e online, come se fosse assodato il fatto che preparandosi per quel tipo di test si possa diventare davvero “più preparati”.

Ma chi lo ha detto? Chi sono gli esperti che preparano i test? Speravo che fossero solo insegnanti universitari, che studiano, ma che non sono mai entrati in una Scuola. Almeno avrebbero avuto la giustificazione del “non sanno quello che fanno”. Invece pare che siano insegnanti dei vari ordini di scuola. Pazzesco. Ancora peggio. Come mai insegnanti in servizio hanno fatto negli anni scorsi errori, fornito risposte discutibili, assegnato esercizi su argomenti di grammatica che non erano in programma? Come vengono scelti gli insegnanti che preparano le prove? E soprattutto: ma dove insegnano? In scuole private con dieci alunni per classe? Insegnano in scuole dove gli alunni non hanno problemi? Dove sono tutti in grado di eseguire pagine e pagine di test, di leggere testi, difficili e di vario genere, in pochi minuti, memorizzarli e rispondere a quesiti spesso ambigui senza avere il tempo di riflettere adeguatamente? Se un ragazzino non ha tempo di soppesare le possibilità e sbaglia (o tira a indovinare e risponde correttamente), che valore ha la sua risposta? Che cosa dimostra? Assolutamente nulla. O quasi.

Avranno probabilmente risultati così così gli alunni degli insegnanti che insegnano a riflettere con calma (una sono io), senza badare al tempo che passa, dedicando anche due ore, se occorre, per riflettere a fondo su un concetto espresso in due righe, convinti del fatto che la qualità sia più importante della quantità. Che valore ha?

La classe (numerosa e piena di casi difficili che hanno genitori assenti, o peggio) assegnata agli insegnanti di matematica e italiano (che magari hanno ottenuto buoni risultati sputando sangue per lo sforzo) avrà pessimi risultati: secondo la logica delle Prove Invalsi questo dovrebbe significare che quegli insegnanti non sono preparati?

La classe (non numerosa e ricca di ragazzi dai “bisogni educativi regolari”, appoggiati da famiglie presenti) avrà buoni risultati: secondo la logica delle Prove Invalsi questo dovrebbe significare che quegli insegnanti sono più preparati?

Qualche precisazione. Si trova qua e là per il web che qualcuno scrive frasi come questa:

“…dall'idea che mi sono fatto penso che gli addetti ai lavori temano le Invalsi soprattutto in quanto criterio di valutazione del loro operato e non come giusta e sacrosanta valutazione dello stato di preparazione degli alunni italiani.”

“Giusta e sacrosanta valutazione”. In che senso “giusta” e in che senso “sacrosanta”?

Nessuno di noi, in realtà, viene valutato dalle Prove Invalsi. Nonostante ciò, ci sono insegnanti che aiutano i ragazzi. Cosa illegale e, comunque molto scorretta. Non si sa perché lo fanno: non per loro, comunque. Lo fanno perché si sentono in colpa, perché temono di non aver fatto abbastanza. E sono spesso quelli che lavorano molto, in realtà. Solo che la società che denigra la categoria da anni ha abituato gli insegnanti a sentirsi sempre un po’ in colpa. Effettivamente, proprio per questo, molti insegnanti, anche preparatissimi, hanno paura di essere giudicati. Che cosa significa? C’è qualche categoria che non teme di essere valutata? Soprattutto quando non si capisce bene che cosa e da chi si verrà giudicati?

Sono molto favorevole a una valutazione degli insegnanti. Vorrei proprio che qualcuno valutasse il mio lavoro. Vorrei che valutasse il lavoro dei miei colleghi, di quelli che lavorano bene e di quelli che non lavorano. Vorrei che la valutazione fosse davvero corretta e che gli insegnanti incapaci e fannulloni fossero mandati a fare un lavoro dove non possano fare danni. Perché – ed è questo il bello e il brutto del nostro lavoro – un insegnante può influire molto nella vita dei suoi alunni, nel bene e nel male.

Sono molto favorevole, ma non con questo mezzo.

Le Prove Invalsi andrebbero bene se servissero ad individuare le scuole dove servono più risorse, scuole alle quali lo Stato, poi, concede classi di dieci alunni al massimo, più insegnanti di sostegno e più risorse in generale. E con “risorse”, non intendo computer, o lavagne LIM. Intendo che se voglio recuperare un ragazzo, dovrei, per esempio, avere la possibilità di portarlo a teatro, a vedere qualcosa che gli faccia capire che il mondo non è brutto come è brutta la sua realtà. Invece non possiamo neppure avere a disposizione il pulmino del Comune, né soldi per pagare il biglietto del teatro a chi non può permetterselo (che è molto spesso il ragazzo difficile).

Mi andrebbero bene se, in qualche modo, non certo con questi test, riuscissero anche ad individuare gli insegnanti incompetenti, quelli incapaci di mettersi in discussione, di aggiornarsi, di capire e di soddisfare i bisogni educativi e didattici degli alunni, o quelli che, nella forma e nel contenuto di ciò che dicono o che fanno in classe, sono diseducativi. Ma anche quelli che dovrebbero essere collocati a riposo, perché hanno sviluppato turbe psichiatriche (sindrome del Burn Out), o che sono

pieni di acciacchi dovuti alla giovane età dei sessant’anni.

Ma non è così. Ho l’impressione, per ora, che servano per punire i più deboli.

Rosa Gimmelli

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